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Saper vivere di poco

«Saper vivere di poco»: potrebbe essere questa la massima che guida il lavoro scultoreo e polimaterico di Michele Lorenzelli, che possiede «l’intelligenza delle cose» e che persegue «ciò che veramente serve» nella vita, scartando l’inutile e mostrandosi capace di apprezzare i valori minimi e i «sapori semplici»1.
Ecco, allora, le cose originarie abbandonate, ritrovate, raccolte e rigenerate in una nuova veste esistenziale da Lorenzelli, con l’intento di liberare le intime tensioni al bello degli elementi essenziali.
L’umile e negletta materia, naturale o artificiale, si combina in assemblaggi oggettuali: dalle pietre-sostegno di aste di legno, quasi un’opera emblematica di design per arredi preindustriali, alle pietre infilate in tondini di ferro secondo precisi ritmi alternati, dal rustico trespolo in legno cui è fissata una corda che sorregge una pietra-pendolo, dall’aspetto vagamente giacomettiano, alla composizione di tre superfici di lamiere zincate su cui agisce il lento passare del tempo distruttore, ma anche pittore. tutto l’operato di Michele, quindi, comporta gesti minimali e interventi ambientali rarefatti, sorvegliati concettualmente nella forma e dai chiari intenti ritmici, destinati a sguardi di osservatori che intendano condividere con l’artista la sua piena fiducia nel riscatto poetico del mondo del meno e del poco.

Enrico Perotto

1EPICURO, Lettera sulla felicità (a Meceneo) e Vita di Epicuro scritta da Diogene Laerzio, versione di A.M. Pellegrino, Roma, Stampa Alternativa, 1992, pp. 1516, passim.

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