Presentazione di Bruno Sullo
Una dimensione molto personale e molto privata si realizza nelle opere di Michele Lorenzelli, una dimensione che trascorre dal mondo dei ricordi infantili all’analisi insistita ed assorta della propria sensibilità di uomo maturo, che è di questo mondo,ma aspira all’utopia. L’uomo (che è Lorenzelli, ma anche, attraverso lui, è il modello trascendentale con cui si confronta ) è infatti costantemente presente nelle sue opere, dalla scelta dei materiali alla loro disposizione, alla loro elaborazione, infine alla costruzione di quella che è, inscindibile e ineffabile, l’opera. Semplici , e di quotidiano riscontro, i materiali: ferro, legno, corda, sassi di fiume, sabbia: semplici eppure caricati “di una implicita densità simbolica”, tali da rimandare “ad una primigenia ricerca e invenzione di linguaggio e di atti da parte dell’uomo”. Questi materiali sono scelti con un metodo che prevede una intensa concentrazione ed una presenza costante di sensibilità, e che fa leva sulle emozioni che essi risvegliano, le invenzioni che stimolano, i suggerimenti che le loro forme offrono, sia pure in nuce, in se stesse o nel loro libero rapportarsi. Ecco dunque il sasso levigato, approssimativamente sferico, proposto nella più silenziosa e malinconica solitudine autoevocativa, ovvero collegato con altri sassi, simili ad esso: si tratta, in quest’ultimo caso, di un articolato, intento colloquio che suggerisce rapporti sotterranei, rimandi misteriosi, insomma una rete della memoria da scoprire e sviluppare ma comunque ben presente ed attiva nell’artista fin dalla fase progettuale dell’operazione. Ecco, altre volte, oggetti collegati tra loro a costituire una struttura più complessa rispetto alla semplice enumerazione repertoriale, che prevede la legatura con corde, il sostegno di supporti di ferro, la reiterazione, non rigida, di un ritmo anomalo, spezzato, presente ma talora non facilmente individuabile. Ecco, infine, spezzoni metallici, duri e “ pericolosi “, saldati insieme a costituire una struttura concava, certo non compatta eppure fortemente protettiva, che sembra pronta ad accogliere qualcosa per cui valga la pena vivere, quasi sempre una piccola cosa ( un ricordo? o solo la possibile presenza di essi? ).
Oggetti, dunque, del tutto privi di complicazioni concettuali, e comunque ricchissimi di senso e di significato. A questo senso si adegua il lavoro espressivo dell’autore, che tende ad un principio di semplificazione quasi ascetica ( anche quando il lavoro sembra complicato e caotico, è la semplice ripetitività non ordinata degli elementi a produrre l’effetto ) di essenzialità, di trasparenza dell’idea ( o dell’emozione che si fa progetto espressivo ); questo consente all’artista di mantenere sempre viva e sempre attiva la forza osmotica instaurata tra l’oggetto prodotto ( con tutta la sua valenza formale ) ed il pensiero che lo produce. Non raggiunge mai, Lorenzelli, l’astrazione pura, poiché non è attirato dalla avventura, per altri versi emozionante, dell’abbandono totale della forma naturale; ma il rigore compositivo, l’essenzialità delle strutture ideate, il consistente substrato di sentimento, conducono ad un risultato di grande suggestione e forza poetica “ nel quale l’appariscenza del reale si è decantata, e la verosimiglianza assottigliata fin quasi a scomparire senza traumi “.
Dunque, le strutture di Lorenzelli, ora disposte nello spazio tridimensionale, ora applicate a un tableau ( secondo una pratica di “ far pittura” non estrenea all’autore ), sono partecipi allo stesso tempo di una natura razionale ed una emozionale: sono costruzioni rigorose e pensose, ordinate da un progetto meditato e quasi matematico, eppure animate da uno spirito di ricca e consapevole umanità. “ C’è una radicalità di scelte espressive che si compenetra con la radicalità di una disposizione che pare situarsi su un piano di assoluto esistenziale “: questo senza abbandonare i tratti reali ed autentici dell’umanità, anche di quella della vita quotidiana, solo contrapponendo alla clamorosa incoerenza dei molteplici e contrastanti interessi soggettivi la volontà di genuinità che si realizza acquisendo i diversi elementi costitutivi della vita ed esercitandovi una decisa azione di controllo, essenzializzazione, perfino esemplificazione.
Nel seguire la serie delle opere prodotte il lettore finisce per individuare un racconto, articolato in diversi capitoli, che spazia in ampi ambiti di interesse ( dalla memoria alle esperienze contingenti, alle scelte politiche, alla riflessione sul mondo e sui difficili rapporti degli uomini, all’amicizia e all’amore ), ma resta unificato da un sottile , eppur consistente, fil rouge, quello che, collegando gli eventi in un articolato patrimonio personale, impedisce alle opere di esaurirsi in una dimensione di pura cronaca ed anche di librarsi senza peso ( e senza senso ) nell’atmosfera troppo rarefatta dell’idea assoluta. E’ proprio la presenza simultanea ( e paritaria ) dell’oggetto fisico, materialmente “ toccabile “ e dunque espressione del mondo concreto, e dell’idea progettuale, ben costruita nell’organizzazione strutturale delle opere, a fornire al lavoro di Loernzelli quegli elementi di genuinità ( che è insieme rigore e calore ) capaci di produrre ( mi piace terminare con Bertoncini ) “ l’immagine di una technè sottratta all’artificio della civiltà industriale e ricondotta alla dimensione umana “.
Livorno, ottobre 2000
Bruno Sullo
Bibliografia:
1) Giancarlo Bertoncini, presentazione della mostra poche cose da Difendere , Galleria d’arte Contemporanea Aperta, Modena.
2 ) Michele Lorenzelli, presentazione nel Primo Catalogo di Portofranco, 1985