Con le parole “dentro, più dentro” , in fondo non senti più l’assordante silenzio del fuori, l’artista ha voluto disegnare i confini entro cui si è mosso il suo fare, aiutando il visitatore della mostra ad interpretare il suo stesso percorso.
E’ la sua una ricerca dell’essenzialità delle cose che sono nascoste nel dentro, una conquista del tempo musicale del vero silenzio, cioè dell’unica lingua continua e irrefutabile emessa dalla profondità dello spazio e del tempo. Ferro, legno, tela e corda vivono di vita propria e diventano simboli della sua ricerca che contraddistingue in modo scabro ed essenziale il destino originario dell’essere umano.
Lorenzelli in virtù di una sapienza antica conosce i misteriosi poteri della materia, materia che, come già sosteneva nel Medio Evo il filosofo Duns Scoto, è vivente, sa pensare. Arte povera la sua, fatta di materiali di recupero, nei quali è possibile trovare le tracce della fatica dell’uomo. Materiali che diventano nelle mani dell’artista, prosciugati di tutto quanto non è essenziale, magici strumenti che aprono la porta stretta della conoscenza, preziosi oggetti che vincono la sfida della nostra civiltà postmoderna così usa a banalizzare, a consumare e a immiserire ogni cosa nella sua folle corsa.
E non sembra un caso, ma anzi una riuscita metafora del lavoro dell’artista, che la mostra si svolga ai magazzini SCAR di Largo Isarco 2 in un esemplare paesaggio milanese di archeologia industriale, vero giacimento di materiali di recupero, a un passo dall’ormai mitica via Lorenzini, già variopinto e rumoroso teatro dell’ex mercatino povero dei cosiddetti extracomunitari.
Adalberto Bertero